Dopo aver fondato il nostro pensiero sul reale, e aver trovato che il reale è intrinsecamente casuale, il terzo minimo pratico sarà devoluto a comprendere le strutture emergenti e la loro differenza dalle entità elementari.
Le possibili definizioni di enti ed entità elementari/primi/semplici vanno al di là degli obiettivi di questi minimi pratici, sfociando piuttosto nei requisiti di un minimo filosofico. Le più banali definizioni, ma per questo efficaci e molto utilizzate in molte argomentazioni, procedono sottrattivamente: ad esempio gli oggetti del nostro quotidiano sono solitamente sezionabili in componenti, quindi a un ente che ha la proprietà di essere indivisibile viene associata la proprietà di essere semplice ovvero elementare. Questa apparentemente innocente deduzione viene sconfessata dal concetto di struttura emergente, che descrive enti che sono sì indivisibili, tuttavia indubbiamente composti da più componenti. Che sono parecchi data la diffusione ed importanza dei fenomeni emergenti! Di conseguenza sono fallaci gli i teoremi rifacenti a questa argomentazione, direttamente o indirettamente.
Ad esempio, fra i tanti Edward Feser in Philosophy of Mind, a Beginner's Guide tira fuori pedissequamente il vecchio argomento cartesiano:
A physical object is divisible and the smaller objects are themselves physical. But the mind is simple, not composed of parts and thus not divisible into further, smaller units which are still themselves minds.
Un oggetto fisico è divisibile in oggetti più piccoli che sono anch'essi fisici. Ma la mente è semplice, non è composta di parti e quindi non è divisibile ulteriormente in unità più piccole che sono esse stesse menti.
A parte la povertà dell'esempio e forse un po' di confusione fra categoria (gli oggetti fisici sono una categoria intera) ed ente (la mente non fa categoria a se, e se la facesse sarebbe alquanto asimmetrico), che è meglio non argomentare ulteriormente per non andare fuori tema, è un esempio di questo approccio sottrattivo che cerca di definire le entità elementari a partire dal fatto che esse siano o meno divisibili associando a questa proprietà la proprietà di composizione.
E' intuitivo il fatto che se un oggetto è composto da più componenti possa essere suddiviso in tali componenti, e risponde molto bene a un approccio dal macroscopico al microscopico all'analisi della natura. Ad esempio lo schermo che state osservando è fisicamente composto da pixel, che sono composti da cristalli liquidi, che sono composti da atomi, che sono composti da nuclei ed elettroni. I nuclei si possono dividere ulteriormente, al contrario gli elettroni non sono essi stessi divisibili e quindi sono definiti come particelle elementari. Tuttavia lo schermo che state osservando è anche contenutisticamente composto da parole che veicolano concetti e quindi procedendo così risulta naturale imbastire un discorso ben più complesso (ed aleatoriamente dipendente dalla corrente filosofica) a proposito delle entità elementari di categorie non materiali/fisiche. Ma tutto questo si regge sull'assunto che ciò che sia indivisibile è elementare, ciò che non lo sia non lo è.
Ma chiunque, dotato di un minimo di spirito critico e un bagaglio scientifico di base, dovrebbe poter notare qualche crepa in questo assunto. A prescindere da fenomeni, esempi ed interpretazioni di fenomeni fisici specifici che in se forniscono esempi e prove di fenomeni emergenti e quindi composti ma in se indivisibili un aspetto fondamentale della scienza evidenzia già i limiti dell'assunto spiegato sopra. Infatti noi sappiamo che esistono solo quattro forze fondamentali (di cui due unificate) eppure esistono molte particelle elementari (almeno 12 fermioni, 5 bosoni, e le antiparticelle corrispondenti all'interno del modello standard) che, per forza, devono nascere come espressione di queste sole quattro interazioni fondamentali, in quanto tutto all'interno del modello standard lo è. Quindi queste particelle elementari, indivisibili, tanto semplici in senso filosofico non sono in quanto, sebbene non divisibili sono composte da diverse interazioni; ad esempio il citato indivisibile elettrone può interagire con ben tre delle quattro interazioni fondamentali: è il paradigma di carica elettromagnetica, interagisce coi neutrini per forza debole e ha una piccola massa gravitazionale, gli manca solo la forza nucleare forte!
E non possiamo dividere l'elettrone, neppure concettualmente. Non è possibile individuare "la parte elettromagnetica, la parte debole e la parte gravitazionale" dell'elettrone, separarle come se fossero componenti a se stanti e analizzarle individualmente per investigare l'elettrone. L'elettrone è più della somma delle sue componenti, perché è dato dall'interazione fra esse. Questa viene definita una struttura emergente.
Un altro esempio molto semplice è quello del colore: da una mistura di tempere di due colori possiamo ottenerne un terzo (con tutta la teoria dei colori primari che ne consegue, ad esempio) ma una volta mescolati non si può tornare alle tempere di colori originali. Il colore sarà una proprietà emergente delle caratteristiche molecolari della mistura, dipendente dalle lunghezze d'onda riflesse e trasmesse, dalla polarizzazione, riflettanza, opacità dovuta alla peculiare interazione di tutte le componenti molecolari fra di loro, che non separabile facilmente nelle sue componenti microscopiche di base. Non è sempre possibile insomma individuare una sorgente specifica di una determinata proprietà di colore su un determinato materiale, perché tutte contribuiscono. Il colore segue quindi tutti i criteri della citazione di sopra: non è divisibile (non si confonda la divisibilità con la scomponibilità in colori primari, che è frutto di una convenzione. Esistono difatti diversi colori primari e si può applicare fatta circolarmente, scomponendo il Rosso Blu e Giallo, in Giallo Ciano e Magenta e viceversa ad esempio). Eppure non è necessario applicare un'operazione filosofica così impegnativa come la definizione di un ente elementare (cosa che andrebbe il più possibile evitato considerando il principio di non moltiplicazione degli enti che va sotto il nome di rasoio di Occam) in un caso come quello del colore.
Infatti non c'è nulla di misterioso e fondamentale nel colore, per quanto il colore non sia banalmente la somma delle sue caratteristiche microscopiche dato che è una proprietà macroscopica che i componenti molecolari dell'oggetto non hanno. C'è infatti una almeno radicale differenza il una struttura emergente e un ente fondamentale: sebbene in entrambi i casi non è possibile suddividere l'ente nelle sue componenti, nel primo caso è possibile individuare una struttura sottostante, nel secondo caso no. Ribadisco che la negazione di struttura sottostante non è condizione necessaria e tantomeno sufficiente, ed è soltanto un accenno che tutt'altro che esaurisce l'argomento a riguardo, che meriterebbe molti più approfondimenti degni tuttavia di un "minimo filosofico" più che di un "minimo pratico".
Ovviamente non è possibile escludere che gli enti considerati ora fondamentali non siano strutture emergenti di strutture sottostanti, come è stato in passato scoprendo che neutroni e protoni sono composti da quark, potrebbe essere nel futuro. Ad esempio nel caso delle proposte di Verlinde sulla struttura entropica della gravità, o i recentissimi risultati di simulazione della freccia del tempo.
Infatti un sistema fisico può essere descritto a diverse scale. Un nucleo atomico, ad esempio per trattare un sistema che conosco da fin troppo vicino, infatti può essere studiato secondo diverse sue proprietà che vengono interpretate di volta in volta secondo:
- le sue caratteristiche "rigide", in cui il nucleo reagisce come un sistema inerte a una perturbazione, ad esempio ruotando rigidamente. Questo tipo di eccitazioni ha una energia nell'ordine di 0.05 MeV.
- le sue caratteristiche "soffici", in cui il nucleo reagisce collettivamente a una perturbazione, ad esempio deformandosi e vibrando. Questo tipo di eccitazioni ha un'energia nell'ordine di 1 MeV.
- le sue caratteristiche di "singola particella", in cui reagiscono i "singoli" protoni e neutroni all'interno del nucleo ad una perturbazione, ad esempio fuggendo dal nucleo. Questo tipo di eccitazioni ha un'energia nell'ordine di 8 MeV.
- le sue caratteristiche di campo di "interazione forte", in cui reagiscono singoli protoni e neutroni avvengono a energie molto più alte, nell'ordine di 140 MeV e solo oltre i 940 MeV, superata l'energia della massa a riposo, è possibile investigare la struttura interna di protone e neutrone.
A ognuna di queste scale è possibile e vale la pena descrivere il nucleo, e a ognuna di queste scale esistono proprietà uniche e interessanti, tuttavia ciò non implica siano fondamentali. La struttura e proprietà delle scale inferiori non sono considerate direttamente e vengono solitamente immaginate inerti. Ad esempio quando si descrive il nucleo come "particelle singole", non viene solitamente considerata la struttura interna di neutroni e protoni, che vengono visti in essi stessi inerti e senza struttura, ad esempio. Questo processo si chiama rinormalizzazione.
Sebbene sia difficile, e a volte impossibile, inferire da una determinata scala verso la scala inferiore, non c'è nessuna barriera concettuale che impedisca di effettuare il contrario: motivo per cui è importante costruire acceleratori più grossi e potenti. Al contrario è una importante proprietà di teorie "complete" la possibilità di riprodurre proprietà a scale differenti. E' concettualmente impossibile, utilizzando dati, considerazioni e modelli di un nucleo "soffice" che collettivamente reagisce vibrando e deformandosi, dedurre alcunchè sulle proprietà di singoli neutroni e protoni del nucleo senza inserirli forzatamente all'interno della descrizione. Al contrario è routine in fisica nucleare partire dalle proprietà di singoli neutroni e protoni e da essere fare emergere naturalmente le proprietà collettive di elasticità e plasticità sopra descritte. Le mie tesi, di laurea e di dottorato, è stato un ulteriore passo in questa direzione, sviluppando una teoria che preservasse i rapporti fra le due scale in modo più consistente.
Attenzione però a non esagerare! Un cambio di scala non sempre implica strutture emergenti, ma a volte soltanto un conveniente raggruppamento. Chiaramente un esempio sono le diverse scale di ordine astrofisico (sistemi, cluster globulari, galassie, cluster locali) ad esempio sono sempre facilmente divisibili; ma perfino il nucleo stesso, in quanto insieme di protoni e neutroni, non è in se una struttura emergente in quanto è anch'esso "facilmente" divisibile, sia praticamente che ancor più concettualmente, nelle sue componenti. Tuttavia sono le sue proprietà collettive ad essere strutture emergenti in quanto non divisibili: non si può dividere una vibrazione, nè stabilire una precisa concatenazione univoca di cause che la hanno generata perchè ad avere generato quel comportamento è un irriducibile insieme di fattori, componenti e interazioni. Collettivamente, appunto.
Volendo quindi evitare il più possibile la generazione di nuovi enti, come da buona prassi scientifica e filosofica, bisogna quindi tenere bene presente che la realtà utilizza diffusamente le strutture emergenti e non è quindi possibile adottare un approccio esclusivamente dal macroscopico al microscopico nella descrizione o interpretazione della realtà stessa, ignorandole.